Quando sulla tavola è presente il dolce, si sente aria di festa. Quando poi il momento dell’anno porta con sé tradizioni e ricorrenze forti come il Natale, la Pasqua, Ognissanti, i Santi Patroni ed infine il Carnevale, anche a tavola si sottolineano, in particolare con i dolci, i legami con le più antiche consuetudini, in stretto rapporto con il territorio, con la stagione, con il desiderio di rendere piacevole l’incontro della famiglia intorno alla tavola. Tali tradizioni sembrano lontane nel tempo ma in realtà, essendo profondamente sedimentate riaffiorano, anche se modificate nella effettiva realizzazione, in tutte quelle realtà che hanno ritmi di vita a misura d’uomo. Ciò che in passato veniva preparato soltanto in famiglia oggi viene offerto da pasticcerie e centri commerciali. 

Proprio il Carnevale, che stiamo vivendo in questo periodo, porta con sé una varietà di dolci legati alla storia, alla vita con le sue vicende, alle risorse dei diversi territori. Cenci a Firenze, Chiacchiere a Milano, Galani a Venezia, Crostoli a Treviso, Stracci a Prato, Frappe da Roma a Terni e in tutta l’Umbria fino alle Marche. Sono tutti dolci tipici del Carnevale che si realizzano secondo un comune procedimento: sono fatti di pasta non lievitata (o solo parzialmente con lievito istantaneo), sono fritti in olio bollente e strutto.

Anche gli ingredienti sono comuni da nord a sud: farina, zucchero, miele, limone, arancia, uova, olio, strutto, mistrà e se possibile grappa. In tutta l’area folignate ed in particolare della montagna, con estensione al territorio confinante tra Camerino e Macerata, oltre alle frappe, alle castagnole, agli strufoli, è rimasta viva la tradizione della CICERCHIATA, che già nel nome rimanda alla cicerchia, il più antico legume coltivato proprio nell’ambito della Valle del Menotre e degli Altipiani tra Acqua Santo Stefano, Verchiano e Colfiorito. La Cicerchiata sembra essere citata addirittura nei rituali descritti nelle Tavole Eugubine – il documento più antico della lingua umbra risalente al II secolo avanti Cristo – come offerta alla divinità e sacralizzata dalla farina.

Ecco dunque la ricetta tramandata nel paese di Serrone e insegnata da Anna alla figlia Paola, che l’ha realizzata per noi.

Ingredienti per l’impasto: 3 uova intere, 3 hg di farina, 3 cucchiai di mistrà, 3 cucchiai di olio di oliva, buccia di un limone grattugiata, un pizzico di sale per ogni uovo, 3 pizzichini di lievito istantaneo, olio e strutto per friggere.

Ingredienti per condire le palline fritte: 5 cucchiai di miele, 2/3 cucchiai di zucchero, buccia di 1 arancia grattugiata.

Procedimento: impastare gli ingredienti sulla spianatoia, lavorare bene, fare dei bastoncini dello spessore di un dito, tagliare a pezzettini e friggere nell’olio ben caldo finché prenderanno colore.

Preparare in una pentola miele e zucchero, scaldare bene finché il miele farà delle bollicine, buttare nel miele i pezzetti di pasta fritti e mescolare bene finché il miele avrà legato bene le palline di pasta aggiungendo la buccia d’arancia grattugiata. Quando il composto si sarà intiepidito, aiutandosi con le mani bagnate, sistemarlo in un piatto dando la forma di ciambella. Cospargere con gli zuccherini colorati come fossero i coriandoli di Carnevale.