Visitare Capodacqua | Turismo in Umbria, Appennino folignate - Guida77
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Capodacqua

Paese di San Domenico abate, compatrono della città di Foligno

La valle di Capodacqua è storicamente ricordata (1147) come parte di un vastissimo complesso fondiario di pertinenza dei nobili di Antignano di Foligno che si estendeva fino agli altipiani di Colfiorito. Parte del suo territorio era altresì patrimonio del monastero benedettino di Santo Stefano di Gallano (1197). Il paese, raffigurato nella carta di Egnazio Danti in Vaticano (1581) e nella carta del Mercatore (Gerhard Kremer, 1589), è sorto dall’unione di più nuclei abitati che si distendono lungo le sponde del Rioveggiano. Nei dintorni dell’attuale centro si ipotizza l’esistenza di ville e insediamenti rustici di età romana. Il Rioveggiano, citato nelle carte dell’Abbazia di Santa Croce di Sassovivo a partire dal 1219, ed oggi anche detto popolarmente Roveggiano, grazie all’utilizzazione delle sue acque come forza motrice ha determinato nei secoli lo sviluppo produttivo della vallata. Si ricordano mulini, da olio e da grano, una fabbrica di pelli e cuoiami, una cartiera che apparteneva ai nobili Gigli di Foligno, poi ai Cattani e ai Bartocci; una gualchiera da panno, ugualmente passata dai Gigli ai Cattani, un setificio di proprietà dei Bartocci. La seicentesca chiesa parrocchiale di Santa Maria e Sant’Anna, già intitolata a San Cristoforo (fino al 1695) e a San Domenico abate, a pianta rettangolare con unica navata ed abside semicircolare, presenta una facciata in pietra e mattoni con un timpano triangolare ed un campanile neoromanico in pietra bianca e rosa realizzato nel 1913. Nella lunetta del portale sono raffigurati in maiolica la Vergine con Sant’Anna tra San Domenico e San Feliciano vescovo. All’interno due cappelle dedicate alla Vergine e a San Domenico ed una cantoria.

San Domenico abate, nato secondo la tradizione agiografica in Colfornaro di Capodacqua, lasciò giovanissimo la sua terra per evangelizzare il Lazio e l’Abruzzo, dove fondò diversi monasteri, morì a Sora nel 1031 e fu santificato nel 1104 da papa Pasquale II. La figura del santo è stata sempre oggetto di culto, tanto che gli Statuti comunali di Foligno lo qualificano come compatrono della città, ed il Consiglio comunale nel 1454 deliberava di erogare un’elemosina annuale al Monastero di San Domenico di Sora per impetrare la protezione divina contro la grandine; Ludovico Jacobilli narra che ogni anno la città di Foligno soleva mandare al monastero “per elemosina alcuni denari, una pezza di panno di lana per il vestito dei monaci et le funi per le campane della chiesa” perché suonassero “in occasione di grandine et tempeste”.

La rocca di Capodacqua

Corrado III Trinci, ultimo signore di Foligno, nel 1421, allorché prese il potere dopo la morte dei fratelli Niccolò e Bartolomeo nella strage di Nocera del 1421 fece redigere nello stesso anno dal notaio Rampeschi un elenco delle fortificazioni dei Trinci corredato delle dotazioni di uomini e mezzi (Tabula omnium officiorum et fortellitiorum magnifici domini nostri Corradi de Trinciis, 1421).  Nel sistema di fortificazioni del territorio folignate qui descritto compare il castrum et fortellitium Capudaque, secondo lo storiografo Durante Dorio fatto ricostruire da Ugolino Trinci nel 1387 per proteggere la deviazione per Colfiorito, considerato un punto di vitale importanza strategica. Nel 1413 la Rocca dei Trinci subì l’incursione delle truppe di Ladislao d’Angiò, re di Napoli, che causarono ingenti danni. Caduta la signoria dei Trinci nel 1439, fu incamerata dalla Sede apostolica e dal Comune di Foligno. Nel 1790 la rocca era tenuta in enfiteusi dalla famiglia  Gentili Spinola, esponenti del patriziato folignate; nell’Ottocento è entrata a far parte del patrimonio del folignate Massimo Recchi. Ancora di proprietà privata, è stata adibita a struttura ricettiva.

Per info e contatti: http://www.roccadeitrinci.it

Posta su un colle all’uscita del paese, circondata da pini e cipressi, la rocca presenta una pianta pentagonale. Oggetto di restauro dopo il sisma del 1997, nel complesso svetta la bella torre quadrangolare alta 32 metri con coronamento a beccatelli. All’interno della rocca si trova la piccola chiesa della Madonna del Castello, a pianta rettangolare, con i muri laterali originali a filari regolari di pietra; la facciata, ricostruita in epoca moderna in pietra e mattoni, ha un portale a sesto acuto con timpano triangolare ed oculo circolare. L’interno, con copertura a botte, conserva notevoli dipinti murali. In corrispondenza dell’altare un affresco raffigurante la Crocifissione con la Madonna e San Giovanni e ai lati San Cristoforo e San Feliciano, datato 1720; sulla parete destra un affresco del 1464 raffigurante la Madonna col Bambino e San Giuseppe. Ogni tre anni, la prima domenica di giugno, si celebra a Capodacqua la festa della Madonna del Castello. In questa occasione la piccola statua della Vergine qui conservata viene portata in processione nella parrocchiale di Santa Maria e Sant’Anna.

CASTELLO DI SALVINO E CHIESA DI SAN BIAGIO

La strada che da Capodacqua sale agli altipiani plestini si snoda tra due sistemi montuosi paralleli ricoperti da una folta vegetazione. Su queste alture si trovano le fortificazioni costruite a difesa del territorio. In poco più di 5 chilometri dopo il centro abitato si trovano ben 4 castelli: la rocca di Capodacqua, la rocca di Canestro (o Calestro, Galestro), la rocca di Salvino e il castello di Collelungo.
Ciò si deve al fatto che proprio in questo tratto di territorio si snodava un’importante via di comunicazione che staccandosi dalla Flaminia a Pontecentesimo (centesimo miglio da Roma) proseguiva per Capodacqua e saliva verso i piani Plestini e quindi verso le Marche e il mare.
A Capodacqua il diverticolo si divideva in due tronconi, uno passava nel fondovalle seguendo il corso del fosso Valdicorno, saliva per Collelungo e svalicava sui Piani di Ricciano; l’altro risaliva per il corso del fiume Rioveggiano, passava per la Villa di Rio, svalicava nella sella di Seggio e finiva anch’esso nei piani di Colfiorito. Il castello di Salvino oltre che controllare il primo percorso  dominando dalla sua posizione il fondovalle, era su un antico tracciato che staccandosi a Pale e Ponte Santa Lucia dalla direttrice, saliva per Sostino e nei presso della Piana della Croce di Pale scendeva nel versante di Capodacqua passando proprio davanti la rocca. 

Nato probabilmente come eremo più che come fortezza per il controllo del territorio, fu interessato dal movimento religioso riformatore diffuso dal monaco Mainardo, fondatore del monastero di Santa Croce di Sassovivo. Secondo lo storico seicentesco Durante Dorio la rocca di Salvino sarebbe stata fatta riedificare da Ugolino Trinci nel 1387. Il toponimo Salvino è conosciuto già dal 1083 come sede di un monastero intitolato a Santa Maria, Santa Trinità e Santa Croce di Salvino, entro il 1239 divenuto canonica, identificabile con la chiesa di San Biagio di Salvino che nel 1277 era alle dipendenze dell’Abbazia di Santa Croce di Sassovivo.

San Biagio è titolare anche della chiesa di Pale, paese che era collegato al castello di Salvino ed a Capodacqua mediante un antico sentiero che transitava per Sostino. Secondo la tradizione agiografica, Biagio sarebbe arrivato in Italia insieme a Demetrio e Salome, la pia donna mirrofora (portatrice di balsami e unguenti al sepolcro di Gesù), moglie di Zebedeo e madre di Giacomo e Giovanni l’Evangelista.
Una volta giunto a Veroli (Frosinone), Biagio vi avrebbe subìto il martirio insieme a Demetrio.
Dopo l’inventio dei suoi resti (1196) e di quelli di Salome (1209), rinvenimenti avvenuti a Veroli in entrambi i casi, il culto di Biagio arrivò a Foligno insieme a quello di Salome la quale, qui identificata con Maria moglie di Cleofa (fratello di Giuseppe padre putativo di Gesù) e madre di Giuseppe e Giacomo (detto il Minore), è nota “
ab immemorabili” come Santa Maria Giacobbe (Jacobi, di Giacomo), ancora oggi venerata nell’eremo posto lungo la parete rocciosa del monte di Pale oltre che nel paese di Arvello.

ROCCA DI CALESTRO o CANESTRO

Il Fortilitium Calestri sorge sulla collina coltivata ad ulivi detta Costa di Canestro, a 714 m.e si raggiunge salendo per un sentiero che parte dalla Torre di Capodacqua e prosegue poi per il paese di Rio per arrivare fino a Colfiorito. Posta all’apertura della pianura di Foligno, la sua posizione era fortemente strategica in quanto sorgeva sul crinale della montagna che sovrasta l’abitato di Capodacqua e dominava due strette valli in cui si snodava la viabilità verso Colfiorito e le Marche.

Anche la rocca di Calestro, secondo Durante Dorio sarebbe stata ricostruita nel 1387 da Ugolino Trinci. Nel 1421, sotto la signoria di Corrado Trinci, il castello di Calestro compare  nella Tabula omnium officiorum et fortillitiorum, elenco dei luoghi fortificati posti a difesa della città di Foligno, ed era custodita dagli uomini del sindacato di Faeto e da altri abitanti della montagna folignate.

Oggi dell’antica costruzione si conserva un ampio ambiente voltato e parte delle mura perimetrali.

Nelle vicinanze della rocca scaturiscono le Sorgenti di Capodacqua (q. 390) che vennero utilizzate dal Comune di Foligno per aumentare le risorse fornite dall’acquedotto di Acquabianca. L’opera di potenziamento della rete idrica comunale attraverso l’utilizzo delle sorgenti di Capodacqua fu progettato dall’ingegnere comunale Attilio Ferroni nel 1931 ed ancora oggi le due sorgenti alimentano la città di Foligno.

Percorsi da fare