Ogni festa, da quelle più intime legate alla famiglia a quelle celebrate dalla comunità, in genere collegate alle grandi ricorrenze religiose, porta con sé particolari tradizioni manifestate attraverso il cibo. Tali tradizioni sono più radicate nelle aree rurali e ancora oggi vengono rispettate anche se non ci si è mai chiesto il loro perché. Certo le risorse locali, date dalle coltivazioni più praticate, possono essere all’origine delle diverse usanze. Oggi questa cucina semplice viene spesso definita “cucina povera” ed è alla base di una alimentazione completa e sana per molti difficile da realizzare, proprio per mancanza di quegli ingredienti, specie nelle grandi città, difficili da reperire. Nella nostra realtà locale, proprio nell’area geografica tra la Montagna folignate e la Valnerina molti sono i prodotti di sicura qualità, coltivati secondo una agricoltura biologica controllata: legumi e cereali prodotti da sempre, essenziali componenti della alimentazione e dei piatti tradizionali. Ad esempio le lenticchie, citate addirittura nella Bibbia, sono il più antico legume coltivato dall’uomo. Forse proprio per questo è considerato portatore di fortuna e come augurio di lunga vita.
Proprio nelle festività dell’anno nuovo si è soliti servire lenticchie per augurare fortuna e benessere nell’anno che verrà.
Etruschi e Romani ne sono stati forti consumatori. E’ propria dei Romani l’usanza di regalarle a fine anno ponendole in una scarsella e augurando che si fossero trasformate in denaro.
Le lenticchie coltivate nel nostro territorio sono caratterizzate dalla piccola dimensione e da una varietà di colori dal verde al rossiccio puntinato. Le più famose, anche fuori regione, sono il tipo Castelluccio ed il tipo Colfiorito.
Vari i modi di prepararle: come contorno con le saporite salsicce o con lo zampone di maiale o il cotechino, o addirittura come dolce. Annifo è la località della Montagna folignate che da anni ha creato nell’estate, alla fine del raccolto, una Sagra della lenticchia, divenuta famosa in tutto il territorio.
Come le lenticchie che vengono preparate per augurare il buon anno, così altri cibi sono tradizionali nel periodo che va da Natale a Capodanno: i maccheroni dolci, cibo tipico della vigilia di Natale; i cappelletti per il brodo di gallina proprio per il giorno di Natale; la parmigiana di gobbi, teneri e bianchissimi; la rocciata nella tradizione più austera: sfoglia sottile, mele, noci, uvetta, semi di anice, grattatura di limone, cannella in polvere.
C’è poi una tradizione bene augurante, quella di mettere in tavola tutto quello che c’è in casa nel giorno della festa -Natale e Capodanno- per augurare alla famiglia abbondanza nei giorni che verranno.
Piccoli consigli per realizzare i cibi tradizionali da Natale a Capodanno
MACCHERONI DOLCI, PIATTO UNICO DELLA VIGILIA DI NATALE
Cuocere in acqua salata le tagliatelle senza uovo. Scolare e condire con un misto di pane grattugiato, zucchero, noci, cannella, grattugiatura di limone, cacao a scelta. La quantità dell’impasto deve essere pari al peso della pasta. Coprire con un bello strato di impasto e lasciar freddare.
LENTICCHIE (vedi il nostro video)
Porre in acqua fredda le lenticchie e far alzare il bollore lentamente aggiungendo un mazzetto di prezzemolo, uno spicchio di aglio, un piccolo peperoncino, una foglia di alloro. La cottura è abbastanza rapida. Togliere dal fuoco e salare quanto basta. Servire le lenticchie ben scolate sopra una fetta di bruschetta calda e croccante, aggiungendo un filo di olio di oliva crudo.
Una volta lessate le lenticchie si possono aggiungere al cotechino e allo zampone oppure insaporirle con un semplice sughetto con odori (aglio, cipolla, carota, sedano), pomodoro e salsicce.
CAPPELLETTI
Cuocere insieme con olio e un po’ di burro del petto di pollo e del magro di maiale e due fette di prosciutto, sale q.b. Tritare finemente la carne e aggiungere un pugno di parmigiano grattugiato, 1 o 2 uova ben battute, noce moscata, grattatura di limone e amalgamare molto bene. Preparare la sfoglia tutto uovo e con un bicchierino fare dei cerchi sui quali disporre l’impasto di carne e chiudere a cappelletto. Chi non poteva fare i cappelletti, per il brodo di Natale preparava dei tagliolini piuttosto sottili, naturalmente con la farina e le uova di casa.
PARMIGIANA DI GOBBI
La particolarità era data dalla qualità dei gobbi coltivati nell’orto, teneri, piccoli e bianchi e dall’ultimo passaggio con il fuoco sotto e sopra, naturalmente sul camino.
Si usava una pentola di coccio con un coperchio apposito cosparso di cenere bollente e brace. La preparazione seguiva i passaggi tipici: lessare, friggere il gobbo e metterlo in parmigiana con un semplice sugo di pomodoro e abbondante parmigiano grattugiato, noce moscata, e grattatura di limone, volendo anche qualche fettina sottilissima del formaggio di casa, quindi un sincero pecorino.